**L’inferno della Valle del Crati del 27 Agosto 2017: “l'incendio di Rose (CS)”. Case distrutte e animali morti!
- REDAZIONE
- 27 ago
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Aggiornamento: 28 ago

Il 27 Agosto 2017 resterà impresso come il giorno più drammatico che la Calabria, e in particolare l’area urbana di Cosenza, Rende, Montalto, Rose e tutta la medio-bassa Valle del Crati, abbia vissuto nei tempi moderni sul fronte degli incendi.
Era una Domenica torrida, con temperature che superavano i 38-39°C, localmente anche i 40°C, in quella che fu una delle prime estati davvero roventi, allora ancora percepite come una novità rispetto al passato (non come oggi, le quali sono diventate quasi la norma per molti, anche dal punto di vista della semplice percezione).
Quella Domenica diversi piromani, probabilmente organizzati, agirono in più punti strategici.
Il primo incendio della giornata divampò sull’autostrada nei pressi di Altilia-Grimaldi, costringendo alla chiusura temporanea di quel tratto dell’autostrada del Mediterraneo.
Il secondo prese vita a San Fili, lungo la SS107 Silana-Crotonese.
Ma fu nel primo pomeriggio, verso le 14:30-15:00, che esplose quello che ancora oggi viene ricordato come “l’incendio di Rose”, sulle colline della media Valle del Crati, proprio in prossimità dell'area urbana di Cosenza-Rende-Montalto, il più devastante.
Oltre a quelli dei giorni precedenti e dei mesi precedenti, i quali, addirittura, in preSila, avevano provocato anche una vittima nel comune di San Pietro in Guarano, in un altro incendio altrettanto devastante si apprestava e seminare danni e paura su una vasta porzione di territorio.

Le fiamme partirono dalle colline vallive degradanti verso valle, nella frazione di Sovarette (dove si verificarono i danni maggiori), e in pochissimo tempo risalirono fino alle colline presilane, creando un fronte di fuoco di chilometri che inghiottì case, uliveti, masserie, stalle e centinaia di animali.
A rendere ancora più violenta la situazione ci furono le condizioni meteorologiche: a valle, come spesso accade in condizioni simili, si instaurò nel pomeriggio una moderata-forte ventilazione calda e secca dai quadranti settentrionali (N/NE), che in certi momenti risultò persino intensa.
Questo vento fu determinante, da un lato spingendo la colossale coltre di fumo e la pioggia di faville verso tutta l’area urbana di Cosenza, Rende e Montalto, dall’altro alimentando enormemente le fiamme.

La valle era secchissima, e come anticipato con tassi di umidità bassissimi: una miccia perfetta.
Le folate facevano saltare il fuoco da un versante all’altro in modo incontrollato e, dopo mezz’ora, da un singolo grande incendio sembrò che ne fossero divampati contemporaneamente diversi, propagati proprio dal vento.
Secondo molti, e secondo Angelo Lo Gullo (attivo e sul posto), quella Domenica qualcuno sapeva bene delle particolari condizioni microlocali della valle e quanto sarebbero state favorevoli per scatenare un disastro di quelle proporzioni.
La valle si ritrovò isolata: le principali arterie stradali erano chiuse, i collegamenti impossibili, e migliaia di persone si trovarono intrappolate in un traffico paralizzante, con famiglie bloccate per ore, disperate, nel tentativo di rientrare o uscire dalla città.
Angelo Lo Gullo, con la piccola organizzazione “Proteggi Cosenza” (oggi inglobata in Meteo Lo Gullo), era in strada.
Decidettero di spostarsi appunto verso Rose, dove la situazione era più grave.

Da un cielo sereno si passò in pochi minuti a un cielo completamente coperto (dal fumo!): il sole sparì, il giorno si trasformò in notte, tanto che alcune centraline meteorologiche locali segnarono un piccolo calo termico dettato appunto dalla coltre di fumo come fosse densa nuvolosità!
L’aria era piena di cenere, i respiri diventavano difficili, e nel frattempo aiutavano famiglie a scappare a piedi verso valle.
Alcune case furono completamente divorate, giardini e uliveti ridotti in cenere, stalle devastate con animali morti.

La sera arrivò, ma non la calma: con l’inversione termica notturna (la quale garantisce anche il classico respiro notturno dopo la caldazza diurna) tutta la massa di fumo sospesa si riversò nella valle.
Cosenza e tutti i comuni dell'hinterland urbano vennero invasi: le case piene di fumo, visibilità ridotta a pochi metri, aria irrespirabile.
Per tutto il giorno dopo l’atmosfera restò cupa e impregnata di cenere e fuliggine.
Da segnalare la pioggia di scintille e cenere nera che cadeva come neve maledetta anche in città, sulle strade e sui tetti.
I soccorsi arrivarono con Canadair e squadre di Vigili del Fuoco e Protezione Civile, ma la vastità e la simultaneità degli incendi resero l’intervento difficilissimo.
Il sindaco di Rose del tempo gridò all’emergenza: “subiamo una guerriglia continua, servono uomini e mezzi”.
Il bilancio ufficiale parla di evacuazioni, danni enormi, migliaia di animali morti, abitazioni distrutte, ma nessuna vittima umana secondo le cronache giornalistiche.
Eppure, per chi c’era, per noi, quella giornata resta impressa come un inferno: una ferita ancora visibile nelle case bruciate, nei terreni devastati e nelle memorie di chi respirò quel fumo.
L’estate 2017 fu una delle più devastanti mai registrate in Calabria: oltre 42.000 ettari bruciati, di cui 26.000 solo nella provincia di Cosenza.
Ma il 27 Agosto rimane il simbolo di quell’inferno: il giorno in cui una Domenica d’estate si trasformò in un incubo di fuoco, vento e paura.


